Finita la guerra, si avviò un rinnovamento generale, non solo nella società ma anche nelle arti. Nei manifesti dei primissimi anni Venti, mentre il dato simbolico ed allegorico veniva a cadere, permaneva ancora un senso narrativo e didascalico che poneva l’accento sulla sfida di velocità tra aereo ed aereo o con altri mezzi, come il motoscafo o l’automobile. Ne sono validi esempi il manifesto realizzato per il 1° Circuito di Brescia, del 1921, di Aldo Mazza, e quello di Mario Borgoni, per la Grande Settimana di Idroaviazione di Venezia, del 1922. Prese l’avvio in quel periodo anche una serie di imprese solitarie di aviatori italiani, di record di velocità, altezza, e distanza, che crearono un mito aereo italiano circondato da un’aura d’invincibilità, e delineando anche l’idea di un’aviazione che primeggiava nel mondo e che veicolava l’idea di uno stato potente e moderno. Il regime fascista, che dal 1922 reggeva le sorti del paese, intuì subito le potenzialità del settore e già dal 1923 istituì l’Arma Aeronautica quale arma indipendente dall’esercito, un provvedimento che la vedeva seconda solo all’inglese Royal Air Force, istituita nel 1918. E’ in questo clima che cresce la seconda generazione di futuristi, nata cioè all’insegna della “liberazione dalla terra”. Fedele Azari, Fortunato Depero, Gerardo Dottori, Benedetta, Tato, Tullio Crali, Renato Di Bosso, Verossi, chi più chi meno, si ritrovarono spesso a volare, a “spiralare” sopra le città, a riplasmare la loro “visuale” del mondo. Il loro taglio con il passato fu, simbolicamente, il volo di D’Annunzio su Vienna, nel 1918. La loro prima ispirazione, appunto le imprese degli aviatori italiani, da Laureati, a Ferrarin, a De Pinedo, a Balbo, che nel corso degli anni Venti mietono record su record, da quello di velocità, a quello di altezza, a quello della distanza. Il loro teorico, Fedele Azari, autore del manifesto Teatro Aereo Futurista, del 1919, pittore, aviatore, tombeur de femmes e pioniere dell’aviazione civile italiana.
PAGINA 3
Visita gli altri siti del Circolo del 72
Testo a cura di: Alessio Meuti