La scalata al cielo s’identifica, nelle parole conclusive dell’ode,
con la scalata a Dio per condividerne la prerogativa più ambita, ossia
l’immortalità. Così canta il Monti:
Maggior del prode Esonide, ...
Il poeta unisce la sua al suono di molte voci acclamanti la gloriosa
Francia e pone al centro della composizione l’immagine dell’uomo
dominatore della natura almeno, a suo dire, in due modi: sfidandola e
utilizzando elementi che in certe condizioni naturali sono pericolosi (il
gas che gonfia il pallone), ma che l’ingegno piega alle sue necessità.
Almeno altre due volte Vincenzo Monti interviene a commentare, in
versi, le vicende aeronautiche a lui contemporanee; in un sonetto
ricorda l’atterraggio, l’8 luglio 1788, di Carlo Lucangeli che, per
scendere a terra dopo un quarto d’ora di volo sopra Roma, libera il
pallone su cui viaggia dall’aria infiammabile e, passando rasente a un
albero di fico, si aggrappa ai rami di questo finendo a terra con un
braccio scorticato. L’episodio documenta quanto fosse lasciata più al
caso e alle prodezze ginniche del singolo aeronauta che non alla tecnica
la felice discesa del pallone. Così Monti racconta l’episodio,
scomodando gli dei dell’Olimpo e, poiché Lucangeli cadde nei pressi di
un orto, ninfe e pastori:
Arbor felice, che del ciel romano, ...
Rimanga l’albero, insomma, segno onorato della coraggiosa
ascensione.
Nonostante fosse contrario a un’illusione di felicità riposta
nelle «magnifiche sorti e progressive», lo stesso Giacomo Leopardi
non rimane insensibile all’attrattiva delle invenzioni in campo
aereo. In due luoghi dello Zibaldone il poeta si esprime
sull’aeronautica. Il primo pensiero è del 19 settembre 1821: «Chi sa che l’aeronautica non debba
un giorno sommamente influire sullo
stato degli uomini?». In questo caso il Leopardi non si espone
molto; convinto com’è che le invenzioni umane siano dovute al caso
non esclude comunque ulteriori applicazioni dei voli sullo stato
della vita umana.
Il secondo pensiero è datato 10 settembre 1826, si
può congetturare che gli sia stato suggerito dalla notizia di
qualche ascensione di Francesco Orlandi, o d’altri a Bologna o a
Milano:
Se una volta in processo di tempo l’invenzione ...
Affiora la scarsa propensione del Leopardi ad apprezzare le
macchine; il poeta ne riconosce l’importanza e la probabile
efficacia, ma la sua conclusione è un ribadir chiaramente che si può
vivere senza «la tal o la tal altra invenzione». Se ci si immedesima
nel pensiero leopardiano ci si avvede che anche ai giorni nostri si
cade spesso nel ridicolo «problema», che consiste nel fare i conti
in tasca alle generazioni precedenti la nostra domandandosi come mai
potevano vivere senza ciò che sembra essere a noi indispensabile.
Video: Andreè, Giovanni Pascoli. Voce di Francesco Di Lauro, introduzione di Angiolino Bellè
Dallo spettacolo Volare, Bovolone, febbraio 2017
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Vincenzo Monti
Vincenzo Lunardi
Giacomo Leopardi
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Testo di: Anna Bellio, Voli di Sogno nella letteratura italiana del novecento, I.S.U. Università Cattolica, 2007